L’arma segreta dei nazisti
Il mito e la storia vera del disco volante di Hitler: fu alta ingegneria o solo propaganda?

Le armi “V”. Gli eserciti alleati erano sbarcati in Normandia un anno prima, il Fronte occidentale tedesco era ormai prossimo al crollo definitivo ma, nonostante questo, gli americani temevano che i tedeschi riuscissero a evitare la sconfitta imminente ricorrendo all’uso di armi segrete prodigiose. La macchina propagandistica di Joseph Goebbels, ministro della Propaganda, aveva l’obiettivo di convincere la popolazione tedesca a credere sino all’ultimo nella “vittoria finale”.
Ma questa propaganda sembrava avere presa anche tra le file nemiche. Hitler non aveva d’altronde lanciato, pochi mesi prima, dal settembre 1944, su Londra i leggendari missili V2, progettati da Wernher von Braun (poi artefice delle prime avventure spaziali della Nasa)? Erano missili spaventosamente efficaci: eludendo gli schermi dei radar, raggiungevano l’obiettivo in soli 5 minuti dal lancio, senza che fosse in alcun modo possibile prevederne l’arrivo.
Nella propaganda nazista, la lettera “V” della sigla “V2” corrispondeva all’iniziale di vergeltung, rappresaglia.
Anche se alla fine della guerra le cosiddette armi “V” (tranne ovviamente la V2) non sarebbero state ancora tecnicamente pronte per l’uso, in alcuni casi erano dotate di un grande potenziale, tanto che Stati Uniti e Unione Sovietica si basarono su queste ricerche per realizzare negli anni successivi i missili intercontinentali e i missili cruise. Altre armi “V”, invece, servirono fin dall’inizio solo a soddisfare le fantasie del quartier generale del führer. A questo scopo, il cosiddetto “disco volante del Terzo Reich”, noto anche con la sigla “V7”, svolse un ruolo particolare
Propaganda. Dopo la sconfitta aerea nei cieli inglesi nel 1940, Hermann Göring, ministro del Trasporto aereo, era sotto pressione.
Nel 1941 chiamò a raccolta tutti gli esperti del settore, esortandoli a lavorare a nuovi sviluppi che assicurassero la supremazia aerea alla Germania.
E fu qui che nacque il mito del disco volante come arma segreta. Nella fase di progettazione, infatti, fu importante il ruolo svolto dal modello di un velivolo discoidale a decollo verticale, che il giovane costruttore Andreas Epp e il suo mecenate Ernst Udet, leggendario asso dell’aviazione tedesca, avevano presentato poco tempo prima a Göring.
Sull’idea lavorarono in contemporanea due squadre separate: il tedesco Richard Miethe, ingegnere aeronautico, e l’italiano Giuseppe Belluzzo, specialista in turbine, nelle fabbriche di aerei di Bratislava e Dresda. I colleghi Otto Habermohl e Rudolf Schriever nelle fabbriche Skoda a Praga. I primi a raggiungere l’obiettivo furono quelli del gruppo di Praga.
post.gms